“All work and no play”: psicologia della pandemia

“All work and no play”: psicologia della pandemia

Alzi la mano chi sta vivendo in modo sereno la pandemia da COVID-19… Nessuno? Capisco, lo sospettavo. Da più di un anno a questa parte siamo costantemente bombardati da informazioni scientifiche (e molto spesso, non possediamo gli strumenti per valutarle al meglio), da una sfilza di numeri relativi a tamponi/contagi/terapie intensive, da immagini televisive che mostrano proteste in piazza, ospedali al collasso e ristoranti chiusi, da dati contrastanti sui nuovi vaccini, da sconforto e senso di impotenza.

Ormai il COVID-19 è diventato l’argomento più discusso del biennio 2020/21, e purtroppo – contrariamente a quanto si pensava all’inizio – rappresenta più di un semplice raffreddore. Come indicato da Paules, Marston e Fauci (2020), il SARS-CoV-2 fa parte di una larga famiglia di “Coronavirus” già identificati in precedenza, ma è molto più contagioso e il suo meccanismo di azione risulta maggiormente aggressivo rispetto ai suoi simili. Tale virus, infatti, entra in contatto con l’organismo tramite le mucose, come quelle del naso e della bocca, per poi diffondersi lungo il tratto respiratorio superiore e inferiore. Specifici substrati del virus si legano al recettore ACE2 e inizia così a moltiplicarsi a gran velocità. Il SARS-CoV-2 può diventare particolarmente aggressivo quando raggiunge i polmoni dell’organismo ospite: gli alveoli polmonari, deputati allo scambio tra ossigeno e anidride carbonica, sono anch’essi ricchi di recettori ACE2, così diventano il campo di battaglia ideale per un’ulteriore riproduzione delle cellule virali. Inoltre, come evidenziato da Wadman, Couzin-Frankel, Kaiser, e Matacic (2020), il virus può avere conseguenze non solo sui polmoni, ma anche su cuore, vasi sanguigni, reni, sistema digerente e sistema nervoso. Tipologia e gravità dei sintomi possono variare in base alle caratteristiche biologiche e immunitarie dell’ospite: vi sono infatti diversi ultracentenari guariti spontaneamente dal COVID-19, così come, purtroppo, soggetti under 40 venuti a mancare a causa delle complicanze dell’infezione.

Un aspetto al quale poco spesso si presta attenzione è senza dubbio la dimensione psicologica della popolazione che, da un anno a questa parte, deve adattarsi ad una realtà ben diversa da quella precedente. Ora, dunque, vi si propone un viaggio attraverso i cambiamenti della nostra quotidianità e una breve analisi di alcuni degli effetti che ne conseguono.

Una delle prime misure che i governi hanno messo a punto all’inizio della pandemia è il cosiddetto lockdown: chiusura totale di tutti gli esercizi commerciali, ristoranti, bar, cinema, teatri e addirittura delle scuole, con il divieto assoluto di uscire dalla propria abitazione se non per comprovati motivi di salute o di lavoro. Il primo lockdown è stato accompagnato dalla quarantena, un periodo di isolamento totale all’interno delle proprie mura domestiche. Per natura, l’essere umano è un “animale sociale” che trova nei propri simili un valore evolutivo e affettivo: evolutivo, perché la storia ci insegna che i nostri antenati si aggregavano in società e villaggi sempre più complessi per far fronte alle sfide dell’ambiente ed aumentare le probabilità di sopravvivenza; affettivo, perché l’interazione sociale e la compagnia degli amici hanno una valenza positiva. A riprova di ciò, uno studio di Tomova e collaboratori (2020) ha utilizzato la risonanza magnetica funzionale (fMRI) mettendo in luce come un periodo di isolamento sociale attivi, nel cervello umano, le stesse regioni che stimolano la sensazione di fame dopo un periodo di digiuno, ovvero la Substantia Nigra pars compacta e l’Area Tegmentale Ventrale. È assolutamente possibile, quindi, sentire una vera e propria “fame” di contatto umano!

Una celebre frase del film “The Shining”, capolavoro di Kubrick del 1980, recita “all work and no play makes Jack a dull boy”. Questa citazione, che in italiano vuol dire letteralmente “troppo lavoro e niente svago fanno di Jack un ragazzo annoiato” (trad. a cura di: Vitacca, 2021), rappresenta bene lo stato d’animo che sperimentano quasi tutti coloro che si sono adattati allo smartworking o alla DaD (Didattica a Distanza). A causa dell’impossibilità di esser padroni dei ritmi quotidiani e dell’annullamento totale dei propri spazi lavorativi si possono sperimentare stati di noia, frustrazione e ansia più o meno lieve, che possono sfociare in una vera e propria sintomatologia depressiva caratterizzata soprattutto da mancanza di motivazione (apatia) e perdita di piacere/interesse (anedonia) (Richter et al., 2021). La giornata non è più scandita da diverse attività, anzi risulta un limbo confuso nel quale ci si può sentire sospesi e senza scopi. Questi sentimenti possono minare, in ultima analisi, la percezione del proprio funzionamento psicosociale nonché la capacità di affrontare adeguatamente questo momento difficile.

In ultimo, vi è la paura costante del contagio. Come evidenziato da uno studio di Boden e collaboratori (2021), tale pensiero negativo può aumentare i livelli di incertezza, stress, ansia e depressione. L’overthinking, cioè la tendenza a farsi trasportare eccessivamente dalle preoccupazioni, può rimarcare – nei soggetti più vulnerabili – una vera e propria sintomatologia da stress post-traumatico, soprattutto se intercorrono relazioni interpersonali significative con soggetti venuti a contatto con il virus.

Come ci si può prender cura del proprio benessere psico-fisico in pandemia? È importante capire che è perfettamente normale sentirsi stanchi, spossati ed emotivamente piatti in questo periodo, perché solo dall’accettazione del proprio stato psico-fisico può partire un’efficace cura di sé (Lee et al., 2020). È consigliabile evitare di diffondere notizie false sui social media e informarsi sempre da fonti ufficiali ed attendibili: uno degli effetti dell’attuale emergenza è proprio la pandemia secondaria da fake news, altrettanto pericolosa poiché induce le persone a adottare comportamenti rischiosi e superficiali. Un ulteriore punto fondamentale consiste nel coltivare, per quanto possibile, le relazioni interpersonali con frequenti videochiamate, messaggi e telefonate alle persone di cui sentiamo la mancanza e che non possiamo ancora incontrare. Una strategia ottimale per combattere l’appiattimento emotivo può essere quello di pianificare la propria giornata, mantenere orari regolari, e magari coltivare un hobby che era nel cassetto da troppo tempo. Infine, bisognerebbe soffermarsi sul qui e ora, cercando di contrastare la tentazione di rimuginare sull’avvenire e cadere in un’eccessiva catastrofizzazione, ovvero la tendenza a esagerare la portata e le conseguenze di un evento.

Come sarà il futuro post-Covid? Questo non lo sappiamo, né è scopo del presente articolo fare ipotesi o speculazioni. Ci si può augurare soltanto che si ritorni allo svago nel più breve tempo possibile: Jack Torrance, in The Shining, non incarna infatti il miglior esempio di salute mentale.

 


Bibliografia

Boden, M., Zimmerman, L., Azevedo, K. J., Ruzek, J. I., Gala, S., Abdel Magid, H. S., Cohen, N., Walser, R., Mahtani, N. D., Hoggatt, K. J., & McLean, C. P. (2021). Addressing the mental health impact of COVID-19 through population health. Clinical psychology review, 85, 102006.

Lee, K., Jeong, G. C., & Yim, J. (2020). Consideration of the Psychological and Mental Health of the Elderly during COVID-19: A Theoretical Review. International journal of environmental research and public health, 17(21), 8098.

Paules, C.I., Marston, H.D., Fauci, A.S. (2020). Coronavirus Infections—More Than Just the Common Cold. JAMA, 323(8), 707–708.

Richter, D., Riedel-Heller, S., & Zürcher, S. J. (2021). Mental health problems in the general population during and after the first lockdown phase due to the SARS-Cov-2 pandemic: rapid review of multi-wave studies. Epidemiology and psychiatric sciences, 30, e27.

Tomova, L., Wang, K.L., Thompson, T. (2020). Acute social isolation evokes midbrain craving responses similar to hunger. Nature Neuroscience, 23, 1597–1605.

 

Sitografia

Science: www.sciencemag.org/news/2020/04/how-does-coronavirus-kill-clinicians-trace-ferocious-rampage-through-body-brain-toes

 

Videofilmografia

The Shining, 1980, S. Kubrick, USA, UK.

Livia Vitacca Livia Vitacca

Psicologa, iscritta all'Ordine degli Psicologi del Piemonte (nr. 9955). Perennemente in contatto con la sua versione undicenne, è fermamente convinta che non ci si debba mai prendere troppo sul serio. Ama il cervello umano, la musica anni novanta, il cielo che diventa rosa al tramonto.

I suoi articoli...
Ylenia Petrini Ylenia Petrini

La sua passione per tutto ciò che è immagine, design, grafica e fotografia è nata molto presto. Ha iniziato scattando prima per passione e poi per professione; infine è approdata alla grafica e all’illustrazione: ciò le permette di avere sempre a disposizione gli strumenti per dare piena forma alle idee.

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