Il dolore dell'assenza: il dolore dell'arto fantasma

Il dolore dell'assenza: il dolore dell'arto fantasma

Nella vita quotidiana, colleghiamo facilmente il concetto di dolore con quello di perdita: una perdita economica e la fine di una relazione sono ad esempio considerate plausibili cause di dolore. Più complessa da concepire è invece la possibilità che una parte del corpo mancante possa dare origine a un dolore fisico. Tale meccanismo è alla base della sindrome dell’arto fantasma.

La sindrome dell’arto fantasma consiste nella persistenza di sensazioni, sia percettive che motorie, provenienti da un arto precedentemente amputato o deafferentato – ovvero privato delle sue afferenze con l’encefalo e pertanto diventato insensibile. Tale arto è detto appunto fantasma e le sensazioni che persistono sono spesso riportate come dolorose. Per comprendere l’origine di questo dolore, dobbiamo ricorrere al concetto di rappresentazione corticale, termine con il quale facciamo riferimento all’organizzazione di un’area del cervello, denominata somestesica primaria (S1), in cui ogni regione rappresenta una parte del corpo umano (Ladavas e Berti 2014). Nei pazienti con sindrome dell’arto fantasma, sebbene vi sia l’assenza fisica dell’arto, la sua rappresentazione corticale, infatti, non scompare e ciò è probabilmente la causa del dolore stesso (Yaginasawa et al 2020).

In uno studio del 2020, Yanagisawa e colleghi hanno indagato se tale dolore potesse essere alleviato attraverso un training con un’interfaccia brain-computer (BCI) che alterava la rappresentazione corticale dell’arto fantasma con l’aiuto della magnetoencefalografia (MEG), una tecnica che registra l’attività corticale. L’idea alla base dello studio qui preso in considerazione era che, riducendo la rappresentazione corticale dell’arto fantasma, anche il dolore ad esso associato sarebbe diminuito (Fukuma  et al 2015; Fukuma et al 2016). Il campione, costituito da 12 pazienti con dolore della mano fantasma, era suddiviso in un gruppo sperimentale, composto da 6 pazienti che venivano sottoposti al training reale e un gruppo di controllo, composto dai restanti 6 pazienti che venivano sottoposti ad un training casuale. In entrambi i training, ai pazienti veniva mostrata su uno schermo l’immagine virtuale della propria mano fantasma e si diceva loro che questa avrebbe eseguito i movimenti che loro, a livello corticale, programmavano di eseguire con la propria mano fantasma. Nel training reale, la BCI faceva sì che la mano fantasma virtuale proiettata sullo schermo riproducesse i movimenti che il paziente, a livello corticale, programmava di eseguire con la mano intatta, e questo al tempo stesso rafforzava l’attività corticale della mano intatta e indeboliva quella della mano fantasma. Nel training casuale, invece, la BCI muoveva la mano fantasma virtuale in maniera casuale. I pazienti vennero sottoposti per tre giorni consecutivi ad una delle due tipologie di training, durante i quali furono rilevate diverse misurazioni dell’intensità del dolore e dell’attività corticale, per verificare se vi fossero dei cambiamenti ed in quale direzione. I risultati confermarono l’ipotesi di partenza dello studio: solo a seguito del training reale, la rappresentazione corticale della mano fantasma diminuiva, e diminuiva coerentemente alla riduzione del dolore; tale modulazione del dolore persisteva nei 5 giorni successivi al termine del training.

Possiamo quindi affermare che indebolendo la rappresentazione corticale della mano fantasma si è ridotto il dolore associato ad essa: il dolore dell’assenza viene anestetizzato sbiadendo la rappresentazione dell’assenza e ravvivando quella della presenza. Il vantaggio principale di questo training è che gli effetti, sebbene di un’efficacia pari a quelli di altre tecniche, si ottengono dopo soli 3 giorni di training con BCI, e persistono per una settimana.

In conclusione, l’intuizione che il dolore possa nascere dalla perdita, si rivela corretta anche per il dolore fisico, e nel suo trattamento, la riduzione del dolore fisico per la parte che manca, sembra indissolubilmente legata alla parte che resta.

 


 

Bibliografia

Yanagisawa, T., Fukuma, R., Seymour, B., Tanaka, M., Hosomi, K., Yamashita, O., Kishima, H., Kamitani, Y., Saitoh, Y. (2020). BCI training to move a virtual hand reduces phantom limb pain A randomized crossover trial. Neurology, 95, 4.

Fukuma, R., Yanagisawa, T., Saitoh, Y., Hosomi, K., Kishimia, H., Shimizu, T., Sugata, H., Yokoi, H., Hirata, M., Kamitani, Y., Yoshimine, T. (2016). Real-time control of a neuroprosthetic hand by magnetoencephalographic signals from paralysed patients. Scientific Report, 6

Fukuma, R., Yanagisawa, T., Yorifuji, S., Kato, R., Yokoi, H., Hirata, M., Saitoh, Y., Kishima, H., Kamitani, Y., Yoshimine, T. (2015). Closed-loop control of a neuroprosthetic hand by magnetoencephalographic signals. PLoS One, 10, 7.

Ladavas, E., & Berti, A. (2014). Neuropsicologia (pp 337-342). Bologna, IT: Il Mulino.

 

Federica Clemente Federica Clemente

Laureata in Scienze e tecniche psicologiche presso l'Università degli Studi di Torino. Frequenta il CdLM in Scienze del Corpo e della Mente presso l’Università degli Studi di Torino. I suoi campi d'approfondimento sono la psicologia clinica e la neuropsicologia.

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Angelica Solinas Angelica Solinas

Il suo nome d'arte è angeg, è una studentessa del liceo artistico. Lavora nel campo del disegno, sia tradizionale che digitale, e della pittura, nello specifico dell'acquerello. Per informazioni o commissioni non esitate a contattarla.

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