Videogame addiction: da cosa dipende la dipendenza?

Videogame addiction: da cosa dipende la dipendenza?

Il gioco è da sempre visto come una forma di intrattenimento sana e indispensabile per la crescita. La nobiltà riconosciutagli dall’opinione pubblica, tuttavia, scompare quando si parla di videogiochi. Per milioni di persone giocare ai videogame fa parte della vita quotidiana e la prevalenza della dipendenza dai videogiochi è a lungo stata sovrastimata. Una metanalisi – ovvero una ricerca che riassume i dati provenienti da diversi studi – ha rivelato che solo il 3,1% dei gamers sono giocatori problematici (Ferguson, Coulson, & Barnett, 2011). Inoltre, la loro dipendenza sembra essere a breve termine: il 75% non mostra più i sintomi dopo due anni (Scharkow, Festl, & Quandt, 2014). Tuttavia, non è mai stata effettuata una chiara discriminazione tra i giocatori che fanno eccessivo uso di videogiochi con conseguenze negative e quelli per cui il videogame rappresenta un modo per riempire il tempo vuoto o per socializzare in assenza di altre attività (Griffiths, 2009). Ma quali sono le cause della dipendenza?

Sebbene trascorrere una quantità eccessiva di gioco può portare ad una riduzione del benessere psicologico (Griffiths et al., 2012), il tempo di gioco non è un predittore della dipendenza, bensì una sua conseguenza. Recentemente ci si è interrogati su quali siano quelle caratteristiche di contenuto dei videogiochi “calamitiche” – ovvero quelle che portano ad un aumento del tempo di gioco, che si associa alla dipendenza. Se le caratteristiche sociali, quali l’utilizzo di narrazioni e storie, per natura attraggono intrinsecamente gli esseri umani in quanto fonte di informazioni rilevanti (Ohler & Nieding, 2005), e il genere di gioco multiplayer instaurando un’interdipendenza tra i giocatori abbassa la tendenza ad abbandonare il gioco, sono le strutture di ricompensa gli aspetti più seducenti del gameplay.

I videogiochi sono, infatti, caratterizzati dalla distribuzione di premi (come ricevere punti o trovare oggetti) che consentono il raggiungimento di obiettivi e il proseguimento della storia. Le ricompense possono essere distribuite in maniera intermittente oppure continua, e sembra che sia la struttura di distribuzione delle ricompense, più delle ricompense stesse, a portare a un aumento del tempo di gioco (Chumbley & Griffiths, 2006) a favore della distribuzione intermittente (Jenkins, 1962; Theios, 1962). Tipicamente nei videogiochi queste sono combinate e prevedono l’assegnazione sporadica di ricompense più grandi e continuativa di ricompense più piccole. Possiamo quindi concettualizzare la dipendenza da videogiochi come una dipendenza comportamentale guidata da strutture di ricompensa variabili.

La dipendenza comportamentale, a livello cerebrale, ruota attorno al circuito di ricompensa mesolimbico, una rete di strutture che si è sviluppata per rinforzare i comportamenti rilevanti per la sopravvivenza (Di Chiara, 1998) e che può indurre cambiamenti chimici nelle reti di ricompensa del cervello (Koepp et al., 1998): trasforma le ricompense naturali in comportamenti ripetitivi di desiderio (Karim & Chaudhri, 2012). Cambiamenti caratteristici nei soggetti con dipendenza sono la disregolazione dopaminergica – con un massiccio rilascio di dopamina nella corteccia prefrontale – e l’aumento delle dimensioni di due strutture sottocorticali: talamo e giro cingolato anteriore sinistri. La dopamina, anche chiamata “neurotrasmettitore del piacere”, sembra essere proprio la chiave per la comprensione del passaggio dall’uso alla dipendenza e le caratteristiche del contenuto dei videogiochi possono giocare un ruolo nell'alterare questo equilibrio.

In conclusione, possiamo affermare che la dipendenza da videogiochi è radicata nella ricompensa disadattiva e che adottare una prospettiva neuroscientifica può aiutare a scoprire il potenziale di dipendenza di varie caratteristiche dei videogiochi, consentendo una terapia focalizzata sulla conoscenza e su una migliore gestione del potere magnetico delle stesse.

 


Bibliografia

Craighead, B., Huskey, R., & Weber, R. (2015). Video Game Addiction: What can we learn from a media neuroscience perspective? Revista Argentina de Ciencias del Comportamiento, 7(3), 119-131.

Chumbley, J., & Griffiths, M. (2006). Affect and the computer game player: The effect of gender, personality, and game reinforcement structure on affective responses to computer game-play. Cyberpsychology & Behavior, 9(3), 308–316.

Griffiths, M.D., J. Kuss, D., & L. King, D. (2012). Video Game Addiction: Past, Present and Future. Current Psychiatry Reviews, 8(4), 308–318.

Griffiths, M. D. (2009). The Role of Context in Online Gaming Excess and Addiction: Some Case Study Evidence. International Journal of Mental Health and Addiction, 8(1), 119–125.

Di Chiara, G. (1998). A motivational learning hypothesis of the role of mesolimbic dopamine in compulsive drug use. Journal of Psychopharmacology, 12(1), 54–67.

Ferguson, C. J., Coulson, M., & Barnett, J. (2011). A meta-analysis of pathological gaming prevalence and comorbidity with mental health, academic and social problems. Journal of Psychiatric Research, 45(12), 1573–1578.

Jenkins, H. M. (1962). Resistance to extinction when partial reinforcement is followed by regular reinforcement. Journal of Experimental Psychology, 64, 441–450.

Karim, R., & Chaudhri, P. (2012). Behavioral addictions: An overview. Journal of Psychoactive Drugs, 44(1), 5–17.

Koepp, M. J., Gunn, R. N., Lawrence, A. D., Cunningham, V. J., Dagher, A., Jones, T., Brooks, D. J., Bench, C. J., & Grasby, P. M. (1998). Evidence for striatal dopamine release during a video game. Nature, 393(6682), 266–268.

Ohler, P., & Nieding, G. (2005). Sexual selection, evolution of play and entertainment. Journal of Cultural and Evolutionary Psychology, 3(2), 141–157.

Perry, S. L., & Moore, J. W. (1965). The partial-reinforcement effect sustained through blocks of continuous reinforcement in classical eyelid conditioning. Journal of Experimental Psychology, 69(2), 158–161.

Scharkow, M., Festl, R., & Quandt, T. (2014). Longitudinal patterns of problematic computer game use among adolescents and adults—A 2-year panel study. Addiction, 109(11), 1910–1917.

Federica Clemente Federica Clemente

Laureata in Scienze e tecniche psicologiche presso l'Università degli Studi di Torino. Frequenta il CdLM in Scienze del Corpo e della Mente presso l’Università degli Studi di Torino. I suoi campi d'approfondimento sono la psicologia clinica e la neuropsicologia.

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Angelica Solinas Angelica Solinas

Il suo nome d'arte è angeg, è una studentessa del liceo artistico. Lavora nel campo del disegno, sia tradizionale che digitale, e della pittura, nello specifico dell'acquerello. Per informazioni o commissioni non esitate a contattarla.

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